Giovanni Verga nacque nel 1840 a Catania, dove trascorse parte della sua giovinezza, iniziò i primi studi privatamente in un ambiente romantico-risorgimentale che lo influenzò nella scrittura del suo primo romanzo “Amore e Patria”.

Dopo la morte del padre si stabilì a Firenze, dove conobbe il verista Luigi Capuana.

Nella produzione verghiana si possono distinguere  due periodi fondamentali: il primo preverista influenzato dalla letteratura tardo-romantica e il secondo verista in cui Verga scrive le opere più significative, il suo successo infatti inizia con la composizione di “Storia di una Capinera”, che per la prima volta si presenta come la rielaborazione di un fatto realmente accaduto.

Un ulteriore avvicinamento alla poetica verista è dato dall’uscita di “Eva” e di “Nedda”, dove Verga inizia a fare i conti con la realtà e il vero diviene l’elemento fondamentale della sua poetica.

Nel 1880 pubblica la raccolta di novelle “Vita nei campi” dove l’autore vuole che l’opera risulti “essersi fatta da sé”, questo vuol dire che lo scrittore rinuncia a esprimere il proprio punto di vista e regredisce al livello dei suoi personaggi, usando inoltre un lessico adeguato all’ambiente e alla cultura, alcuni anni dopo pubblicherà altre novelle come “Cavalleria Rusticana” che ebbe grande successo in teatro, tanto da avere una versione operistica musicata da Mascagni.

Verga successivamente matura una concezione negativa del progresso, dove secondo lui, ci sono sempre più vinti che vincitori, da qui nasce un ciclo di romanzi denominati “Ciclo dei Vinti”, dove egli rappresenta gli effetti del progresso nei diversi strati sociali, le opere che lo compongono sono: I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, La Duchessa di Leyra, L’onorevole Scipione e L’uomo di Lusso, il ciclo non fu mai completato e ne furono scritti solo due.

In questi romanzi Verga si limita a documentare la realtà oggettiva, facendo propria la tecnica dell’impersonalità e di conseguenza la necessità dell’eclissi totale del narratore.

Un’altra caratteristica presente nelle opere di Verga è la cosiddetta “Teoria dell’ostrica”, la quale si basa sulla convinzione che, per coloro che appartengono alla fascia dei deboli, è necessario rimanere radicati ai valori della famiglia, al lavoro, alle tradizioni ataviche, per evitare che il mondo, cioè il “pesce vorace”, li divori.

Come l’ostrica che vive sicura finché resta avvinghiata allo scoglio dov’è nata, così l’uomo di Verga vive sicuro finché non comincia ad avere smanie di miglioramento.

Tecnica Narrativa (Verismo)

Fra i principali motivi che contribuirono all’affermazione del verismo, vi fu prima di tutto la crescente attenzione verso lo sviluppo del sapere scientifico, che sembra fornire gli strumenti più adeguati all’osservazione e alla spiegazione dei fenomeni naturali e dei comportamenti umani, infatti esso nasce sotto la diretta influenza del positivismo, in Italia il primo autore  ha teorizzare questo movimento letterario fu proprio Luigi Capuana, che attraverso la “Poesia del vero” spiegò che l’autore doveva limitarsi a descrivere e riprodurre la realtà senza fare riferimento a sentimenti e fantasie.

Verga essendo insieme a Luigi Capuana uno dei principali esponenti del verismo, utilizza tutte le caratteristiche di questo movimento letterario.

L’idea verista si basa sull’accettazione delle leggi scientifiche che regolano la vita associata e i comportamenti: lo scrittore cerca di scoprire le leggi che regolano la società umana, muovendo dalle forme sociali più basse verso quelle più alte.

Richiamandosi al naturalismo francese delle opere di Emile Zola, il movimento tende a descrivere la vita della gente umile, degli emarginati dalla società che si affannano nella lotta per la sopravvivenza, contro la fatalità del destino.

Una caratteristica distintiva del verismo rispetto ad altre tecniche narrative, è l’utilizzo dell’impersonalità quindi l’assenza del punto di vista personale, priva totalmente di commenti che potrebbero in qualche modo influenzare il pensiero del lettore,l’autore deve mettersi nella pelle dei suoi personaggi, vedere le cose con i loro occhi ed esprimerle con le loro parole. In tal modo la sua mano “rimarrà assolutamente invisibile” nell’opera. Il lettore avrà così l’impressione non di sentire un racconto di fatti, ma di assistere a fatti che si svolgono sotto i suoi occhi.